La critica da me firmata dei due primi volumi del “Catalogo Generale” di Giorgio de Chirico (Notiziario 2015/11, con avviso sul GdA, novembre 2015) ha avuto come conseguenza una reazione isterica di Paolo Picozza, che ha ormai raggiunto vette indescrivibili nel rovesciarmi addosso, in modo anonimo e senza firmarsi, quintali di spazzatura ogni volta che mi azzardo a mettere in luce la mediocrità scientifica dei prodotti della Fondazione da lui presieduta. Una cosa del genere si può spiegare solo con l’inconscia paura di perdere il proficuo dominio esercitato ormai da venticinque anni.
Poco più di un anno fa, nel luglio 2014, commentando in questo Notiziario l’uscita del primo volume del nuovo “Catalogo Generale” di Giorgio de Chirico edito dalla Fondazione, annunciavamo che avremmo recensito più estesamente la pubblicazione nel successivo numero della nostra rivista “Studi OnLine”.
L’Archivio dell’Arte Metafisica svolge da tempo, sotto la guida e il coordinamento di Gerd Roos, la raccolta, la verifica e il raffronto incrociato di tutti i documenti che riguardano direttamente e indirettamente Giorgio de Chirico, divisi per segmenti cronologici rilevanti: il periodo iniziale fino al trasferimento a Parigi (luglio 1911), il primo periodo francese 1911-1915, il periodo ferrarese 1915-1918, il periodo classico romantico 1919-1924, il secondo periodo parigino, e così via. Questo lavoro sta portando a risultati di eccezionale rilievo, che vanno di pari passo con la redazione di un vero Catalogo Ragionato Generale con precise schede storiche.
Quando, circa vent’anni fa, nacque la possibilità dell’online-publishing, si diffuse tra gli storici dell’arte una certa paura, che divenne per molti un argomento contro questo modo avveniristico di rendere pubblici i risultati della ricerca scientifica. Non avrebbe potuto un hacker con la passione dell’arte manipolare clandestinamente il materiale presentato via internet senza che nessuno se ne accorgesse?
Da qualche tempo, sul sito della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico appare un comunicato che avverte che il servizio di archiviazione delle opere ritenute autentiche è sospeso fino all’inizio del 2015.
É la conferma di ciò che già si sapeva da varie voci, e cioè che i dissidi interni alla Fondazione sono di nuovo esplosi e hanno bloccato l’attività del comitato per le autentiche, cosa che avviene periodicamente e regolarmente da quando la Fondazione esiste.
L’ultimo numero (triplo) della rivista METAFISICA (2013, nn. 11/13, uscito a fine maggio 2014) dà l’impressione che questo periodico e la Fondazione di cui esso è organo traggano la loro ragion d’essere solo dal fatto che esiste l’Archivio dell’Arte Metafisica.
Una considerazione personale di Gerd Roos
1. Si resta sempre sorpresi ogni volta che ci si accorge a quali mezzi alcune persone ricorrono quando vengono loro a mancare gli argomenti per sostenere una discussione. Tra l’altro si assiste alla ripresa del metodo che noi chiamiamo del “Barone di Münchhausen”, cioè della più o meno fantasiosa invenzione di false verità.
Una considerazione personale di Gerd Roos
Paolo Baldacci. IL CATALOGO DI DE CHIRICO, LA FONDAZIONE E I FALSI PERETTI. RISPOSTA A PAOLO PICOZZA
Un vecchio proverbio francese dice: Il n’y a que la vérité qui blesse.
Infatti Paolo Picozza, presidente della Fondazione de Chirico, si è molto arrabbiato per il nostro intervento sui dipinti di Renato Peretti che figurano nel catalogo generale (Notiziario 2013/10) e per l’articolo di Cristina Ruiz su “The Art Newspaper ” dello scorso febbraio.
Wieland Schmied ci ha lasciati dopo una breve malattia il 22 aprile scorso all’età di ottantacinque anni. Era nato a Francoforte nel febbraio del 1929, ma la famiglia si era ben presto trasferita in Austria inaugurando il suo destino di pendolare dello spirito tra le due nazioni e le due culture di lingua tedesca.
Nell’ultima delle due pagine annuali di informazioni che l’Archivio pubblica sul GdA (“Il Giornale dell’arte”, n. 336, novembre 2013, p. 19) affermavo che un attendibile servizio di certificazione può essere fornito solo nell’ambito del complesso lavoro che presiede – o almeno dovrebbe presiedere – alla redazione del Catalogo Ragionato di un artista.
Non possiamo che rallegrarci del fatto che la Fondazione de Chirico, negli ultimi tempi, abbia riconosciuto l’autenticità di opere che fino a ieri si ostinava a dichiarare false. Per due motivi: il primo è che da circa vent’anni noi dicevamo che erano autentiche, e come tali le avevamo pubblicate; il secondo è che il riconoscimento dell’autenticità di questi quadri, tutti di alta epoca, rende sempre più insostenibile, togliendole un puntello ogni giorno, la teoria della precoce falsificazione di de Chirico, addirittura risalente al 1926, finora sostenuta dalla Fondazione e contro la quale ci battiamo da tempo.
Renato Peretti, in arte “Reni”, fu, tra il 1954 e il 1976, il più abile falsario di Giorgio de Chirico, e non solo. Egli stesso stimava di aver prodotto più di mille dipinti falsi, di varie firme, ma soprattutto di de Chirico, perché era il più costoso, il più vendibile e quello che ammirava di più.
Sono state depositate a fine luglio le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Milano nel processo in cui ero imputato per ricettazione e vendita di quattro dipinti a firma de Chirico. I fatti risalgono, per quanto riguarda una prima opera, agli anni 1995-96, e per quanto riguarda le altre tre, agli anni 2000-2001.
Nell’aprile del 1947 Giorgio de Chirico fece sequestrare come falso un dipinto “Piazza d’Italia” datato 1913, appena venduto dalla Galleria del Milione, e appartenente in precedenza alle collezioni Della Ragione, Valdameri e De Angeli Frua. L’episodio, e il processo che ne seguì tra il 1947 e il 1956 (sentenza definitiva della Cassazione) ebbero una risonanza clamorosa in tutto il mondo per la notorietà delle persone coinvolte. L’autore stesso dedica a questa vicenda, nelle Memorie del 1962, uno spazio pari alla metà di quello riservato all’intero periodo 1911-1915 che fu artisticamente il più importante della sua vita.