Da qualche tempo, sul sito della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico appare un comunicato che avverte che il servizio di archiviazione delle opere ritenute autentiche è sospeso fino all’inizio del 2015.
É la conferma di ciò che già si sapeva da varie voci, e cioè che i dissidi interni alla Fondazione sono di nuovo esplosi e hanno bloccato l’attività del comitato per le autentiche, cosa che avviene periodicamente e regolarmente da quando la Fondazione esiste.
Il comitato “Picozza – Vastano” non esiste più, e il presidente della Fondazione è da parecchi mesi alla ricerca di qualche personaggio più o meno titolato che gli faccia da spalla, o, per meglio dire, che avalli con una posizione accademica ufficiale le sue decisioni. Ma finora non ha trovato nessuno disposto a correre il rischio.
Nel frattempo è uscito, presso un editore quasi fantasma di San Marino, quello che viene pubblicizzato come il volume 1 del “CATALOGO GENERALE”. Non più un aggiornamento dei famigerati otto volumi curati da Claudio Bruni, fino a ieri definiti da Picozza “la bibbia del collezionista”, ma una cosa tutto nuova, che però sembra vecchissima. Infatti è, come purtroppo è sempre stato il catalogo di de Chirico, un’opera non scientifica, anzi un monumento alla subcultura che sarebbe persino indegno di un paese del terzo mondo.
Presentato da Paolo Picozza e introdotto dal solito Claudio Strinati, il volume non ha un autore responsabile ed è firmato “Fondazione Giorgio e Isa de Chirico”. É, come nella migliore tradizione di Piazza di Spagna, una raccolta di figurine, cioè di autentiche, senza storia e senza bibliografia, disposte in un ordine cronologico che fa semplicemente ridere per la sua approssimazione e per i suoi errori marchiani, con colori assorbiti e spesso carichi di nero.
La “sezione falsi”, che risponde a una precisa strategia di Picozza destinata a rivelarsi autolesionista (tagliarsi i ponti alle spalle per obbligarsi a non fare marcia indietro è sempre un errore), è ancor più fuorviante e piena di errori, e rimarrà la testimonianza vivente e incancellabile di una politica culturale settaria e di infimo livello (come già sono alcuni contributi apparsi nei primi numeri di METAFISICA).
La cosa che più fa orrore di quest’opera sciatta e volgarmente concepita è che l’immagine che ne esce di Giorgio de Chirico, uno degli artisti sicuramente più influenti del XX secolo, è quella di un petit maître incostante e in genere di bassa qualità. Tanto di cappello ai difensori dell’artista e della sua immagine!
Con l’ignoranza, il cattivo gusto e la superficialità che imperano nella Fondazione, questo e il successivo volume che si annuncia per il 2015 rischiano di essere il colpo di grazia all’immagine già compromessa del creatore della Metafisica.
Nel prossimo numero della nostra rivista Studi OnLine dedicheremo al volume un’analisi più dettagliata