MONSIEUR DUDRON
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« La décadence a commencé avec Manet. Malgré le talent qu’on sent encore dans les œuvres de ce peintre, moi, dans ses tableaux, je vois le destin que la peinture subira après lui. Plus tard encore la peinture de qualité est remplacée petit à petit par la décoration, par l’invention et par la fausse beauté.
« La grande peinture est belle; d’une beauté sérieuse et sévère; le sujet et la couleur ne comptent pas; nous pouvons voir des chefs-d’œuvre où les anciens maîtres ont choisi comme sujet des vieillards qui n’avaient aucune beauté dans leurs traits, des vieillards aux visages couverts de rides, mais le tableau est merveilleux; il réunit en soi la magnifique exécution et la belle matière créées par un génie!
« Ce plaisir pur et complet que nous éprouvons en regardant un chef-d’œuvre est égal au plaisir que nous éprouvons en écoutant une musique très inspirée ou, en lisant l’œuvre d’un philosophe, dans la compréhension d’une grande idée. Ce plaisir est tellement précieux parce qu’il n’est pas provoqué par les instincts animalesques de la nature humaine, mais par la compréhension des choses élevées de l’esprit. C’est un plaisir qui puise son origine dans le Bien Supérieur.
– C’est parfait, madame, s’exclama Monsieur Dudron, je suis vraiment ravi d’écouter des choses tellement claires, intelligentes et logiques. Je vous en remercie ; j’aurais encore plusieurs autres demandes à vous faire, mais je crains que vous vous fatiguiez et je remets cela à la prochaine fois que j’aurai le plaisir de vous voir …
– Je suis très contente d’avoir réussi à vous éclairer sur certaines questions, dit Isabella Far ; vous avez bien fait de remettre nos entretiens philosophiques à la prochaine fois; il faut en effet que je me sauve parce que je dois rentrer travailler. »
La decadenza è cominciata con Manet. Malgrado il talento che ancora si sente nelle opere di quel pittore, io, nei suoi quadri, vedo il destino che la pittura subirà dopo di lui. Più tardi ancora la qualità della pittura comincia ad essere completamente sostituita dalla decorazione, dall’invenzione e dalla falsa bellezza.
La grande pittura è bella; di una bellezza seria e severa; il soggetto ed il colore non contano; possiamo vedere capolavori per i quali i maestri antichi hanno scelto come soggetto uomini vecchi dalla faccia coperta di rughe, eppure il quadro è meraviglioso; esso riunisce in sé l’esecuzione magnifica e la bella materia create da un genio!
Il godimento che proviamo nel guardare un capolavoro è uguale al godimento che sentiamo ascoltando una musica molto ispirata o, leggendo un’opera di filosofia, nella comprensione di una grande idea. Questo godimento è tanto prezioso perché non è provocato dagli istinti animaleschi della natura umana, bensì dalla comprensione delle cose elevate dello spirito. È un godimento che attinge la sua origine nel Bene Superiore».
«Perfetto, Signora! – esclamò il Signor Dudron, – sono veramente felice di ascoltare cose così chiare, intelligenti e logiche. La ringrazio; avrei ancora parecchie altre domande da farLe, ma temo che Lei si affatichi e rimando ciò alla prossima volta che avrò il piacere di vederLa .. ».
«Sono molto contenta di essere riuscita a illuminarLa su certe questioni, Maestro – disse Isabella Far – ha fatto bene a rimandare i nostri colloqui filosofici alla prossima volta; infatti bisogna che me ne scappi perché devo ritornare al lavoro».
L’hôtel: Trop cher
Comme midi avait sonné, Monsieur Dudron s’occupa de son déjeuner. Il avait loué, pour des raisons économiques, un petit appartement meublé, avec cuisine. Cet appartement se trouvait dans un immeuble où on louait seulement des appartements meublés. Monsieur Dudron était très content parce que de cette façon il pouvait manger tranquillement chez lui. Dans l’hôtel où il habitait avant les prix du restaurant étaient trop élevés pour ses moyens, de sorte qu’il ne pouvait même pas avoir ce qu’on appelle la demi-pension.
L’albergo: Troppo caro
Non appena suonò mezzogiorno, il Signor Dudron si occupò della sua colazione. Egli aveva preso in affitto, per ragioni economiche, un piccolo appartamento mobiliato, con cucina. Quell’appartamento si trovava in uno stabile dove si affittavano soltanto appartamenti mobiliati. Il Signor Dudron era molto contento perché in questo modo poteva mangiare tranquillamente a casa. Nell’albergo dove aveva abitato prima, i prezzi del ristorante erano troppo elevati per i suoi mezzi, così che non aveva potuto avere neppure quel che si chiama mezza-pensione.
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Per ragioni economiche il signor Dudron aveva preso in affitto un piccolo appartamento ammobiliato, con cucina. Quest’appartamento stava in uno immobile ove non si affittavano che appartamenti ammobiliati. Il Signor Dudron era molto contento perché così avrebbe potuto mangiare tranquillamente in casa sua. Nell’albergo in cui abitava prima i prezzi del ristorante erano troppo elevati per le sue possibilità finanziarie così che egli non poteva avere nemmeno la mezza pensione. Il prezzo della sola colazione era di cinquanta franchi, vino e mancia non compresi.
Dattiloscritto Evangelisti, 1963 c.:
Il giorno dopo, verso l’una pomeridiana, il signor Dudron si occupò della sua colazione. Aveva affittato, per ragioni economiche, un piccolo appartamento mobiliato con cucina. Questo appartamento stava in un immobile ove si affittavano soltanto appartamenti mobiliati. Il signor Dudron era molto contento perché così egli poteva mangiare tranquillamente in casa. Nell’albergo ove abitava prima i prezzi del ristorante erano troppo cari per i suoi mezzi, di modo che egli non poteva avere nemmeno la mezza pensione; […]
L’hôtel: Les dépenses
Ainsi pendant tout le temps que dura son séjour à l’hôtel, Monsieur Dudron s’arrangea pour manger dans sa chambre. Il achetait des provisions dans les boutiques du quartier. Lourdement lesté de provisions de toutes sortes, son grand problème était de traverser le hall de l’hôtel, toujours plein de jeunes femmes gaies et très élégantes et d’hommes sportifs et habillés à l’anglaise. Tous ces gens prenaient régulièrement leurs repas au restaurant de l’hôtel et en attendant le moment de se mettre à table, consommaient des apéritifs coûteux. Monsieur Dudron passait parmi tout ce monde qui semblait heureux et sûr de soi; il passait d’un pas qu’il s’efforçait de rendre décidé et avec l’expression d’un homme auquel les hautes spéculations métaphysiques ne permettent pas de se mêler aux plaisirs et aux frivolités de ses contemporains. Mais il savait très bien que devant sa conscience tout cela sonnait faux; car il savait que dans les poches de son pantalon, de son veston, de son pardessus étaient fourrés des paquets et encore des paquets; c’étaient des boîtes de sardines et de thon, des tranches de jambon et de saucisson, des olives, des œufs, des pommes de terre bouillies, des tartes achetées chez le boulanger-pâtissier et qui consistaient en des rectangles de pâte à moitié crue et fade et recouverte d’un peu de confiture aigre comme le jus de citron. Quant au pain, mieux valait ne pas en parler; c’était le cauchemar de Monsieur Dudron. Ces longs morceaux de pain, qu’on appelle baguettes et que les boulangers enveloppaient juste au milieu d’un minuscule morceau de papier, étaient la chose la plus difficile à cacher. Naturellement, à peine sorti de la boulangerie, Monsieur Dudron essayait de fourrer ces baguettes comme des pieux, entre la masse de boîtes et de paquets qui remplissaient ses poches.
L’albergo: Le spese
Perciò per tutto il tempo del suo soggiorno nell’albergo, il Signor Dudron si era arrangiato per mangiare nella sua camera. Comprava provviste nelle botteghe del quartiere. Ma il grande problema per lui si presentava quando, pesantemente affardellato di provviste di ogni genere, doveva attraversare la hall dell’albergo, sempre piena di giovani signore gaie e molto eleganti e di uomini sportivi, vestiti all’inglese. Tutta quella gente consumava regolarmente i pasti nel ristorante dell’albergo, e mentre aspettava il momento di mettersi a tavola, beveva costosi aperitivi. Il Signor Dudron passava tra tutta quella folla che sembrava felice e sicura di se stessa; passava con un passo che si forzava di rendere deciso, e con l’espressione di un uomo al quale le alte speculazioni metafisiche non permettono di confondersi nei piaceri e nelle frivolezze dei suoi contemporanei. Ma egli sapeva benissimo che davanti alla sua coscienza tutto questo aveva un suono falso; perché sapeva che nelle tasche dei suoi pantaloni, della sua giacca e del suo pastrano erano ammassati pacchetti su pacchetti; vi erano scatole di sardine e di tonno, fette di prosciutto e di salame, olive, uova, patate lesse e paste comprate dal fornaio-pasticciere che consistevano di rettangoli di pasta mezza cruda ed insipida, ricoperta di un po’ di marmellata acre come il succo di limone. Quanto al pane, è meglio non parlarne; era il terrore del Signor Dudron. Quei lunghi pezzi di pane detti sfilatini e che i fornai avvolgevano in mezzo con un minuscolo pezzo di carta, erano la cosa più difficile a nascondere. Naturalmente, non appena uscito dalla panetteria, il Signor Dudron cercava di ficcare gli sfilatini come piuoli nella massa di scatole e di pacchetti d’ogni sorta che riempivano le sue tasche.
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (Prospettive”, n. 5, 15 marzo 1940):
Pertanto durante il suo soggiorno all’albergo il signor Dudron s’arrangiò per mangiare sempre in camera. Comperava delle cibarie nelle botteghe del quartiere; ma il grande problema per lui era allorquando copiosamente zavorrato di provigioni d’ogni genere doveva traversare il hall dell’albergo sempre pieno di un’elegante folla di giovani vivaci e ridanciane e di uomini sportivi e vestiti all’inglese. Tutta questa gente prendeva regolarmente i suoi pasti nella sala da pranzo dell’albergo ed aspettando l’ora di sedersi a tavola, consumava degli aperitivi costosi. Il Signor Dudron passava tra questa folla di uomini felici e sicuri di sè con passo che si sforzava di rendere deciso e con l’espressione di un uomo al quale le alte speculazioni metafisiche non consentono di mescolarsi agli spassi del comune dei mortali. Ma egli sapeva che davanti alla sua coscienza tutto ciò suonava falso; egli sapeva che nelle tasche dei suoi pantaloni, della sua giacca, del suo soprabito stavano accatastati pacchi e ancora pacchi: scatole di sardine o di tonno, fette di prosciutto e di salame, olive, uova, patate lesse, dolci comperati nelle pasticcerie-panetterie e consistenti in rettangoli di pasta semicruda ed insipida ricoperti da uno strato di marmellata acida come il sugo del limone. Non parliamo poi del pane; era la cosa più difficile a nascondere. Quei sfilatini lunghi come aste che le panettiere avvolgevano parsimoniosamente nel mezzo con un pezzetto di carta velina, erano l’incubo del signor Dudron; naturalmente appena fuori delle bottega si affrettava a tagliarli in due, tre e persino quattro e cinque pezzi, cercando poi di ficcarli come piuoli nella catasta dei pacchi che empivano le sue tasche.
Dattiloscritto Evangelisti, 1963 c.:
[…]; così per tutto per tutto il tempo che gli toccò stare all’albergo, il signor Dudron si arrangiava per mangiare nella sua camera. Comprava delle provvigioni nelle botteghe del quartiere. Ma il grande problema per lui era quando, pesantemente carico di provvigioni di ogni genere, doveva attraversare la halldell’albergo, sempre piena di giovani donne gaie e molto eleganti e di uomini sportivi, disinvolti e vestiti all’inglese. Tutta questa gente consumava regolarmente i suoi pasti al ristorante dell’albergo ed aspettando il momento di sedersi a tavola, consumava costosi aperitivi. Il signor Dudron passava tra di loro, [aggiunto: passava] tra tutte quelle persone felici e sicure di loro stesse; egli passava con un passo che si sforzava di rendere deciso e con l’espressione di un uomo al quale le alte speculazioni dello spirito non permettono di prender parte ai piaceri ed alla vita frivola di certi suoi contemporanei. Ma egli sapeva binissimo che davanti alla sua coscienza tutto questo aveva un suono falso, poiché sapeva che nelle tasche dei suoi pantaloni, della sua giacca, del suo soprabito erano ficcati pacchi e ancora pacchi; c’erano scatole di sardine e di tonno, fette di prosciutto e di salame, olive, uova, patate lesse e certe crostate che comprava nelle panetterie e che consistevano in un piccolo rettangolo di pasta mezzo cruda e insipida spalmata con un po’ di confettura acida come il sugo di un, [aggiunto: del] limone. In quanto al pane era meglio non parlarne; era l’incubo, il terrore del signor Dudron. Quei lunghi pani chiamati sfilatini e che nelle panetterie non si degnavano nemmeno di avvolgere in un minuscolo pezzo di carta, erano per il signor Dudron la cosa più difficile da nascondere. Naturalmente, appena uscito dalla panetteria, egli cercava di ficcare quei sfilatini, come tante zeppe, tra la massa di scatole e di pacchi che riempivano le sue tasche.
L’hôtel: Le Président
Lorsque ainsi chargé il rentrait à l’hôtel, des frissons glacés lui parcouraient l’échine. Il était terrorisé par les regards indiscrets des domestiques lâchés dans l’entrée et surtout il redoutait le regard du portier, tout couvert de galon comme un amiral et sévère comme le président d’une cour de cassation. Monsieur Dudron ne commençait à respirer que lorsque, ayant gagné sa chambre au dernier étage, il pouvait s’y enfermer à double tour et après avoir vidé sur la table le contenu de ses poches, il pouvait se laisser choir sur l’unique fauteuil, le front baigné d’une sueur froide
L’albergo: Il presidente
Quando carico a quel modo rientrava all’albergo, brividi ghiacciati gli percorrevano la schiena. Era terrorizzato dagli sguardi indiscreti dei domestici sguinzagliati nell’entrata, e, sopratutto, temeva lo sguardo del portiere tutto coperto di galloni, come un ammiraglio, e severo come un presidente di Corte di Cassazione. Il Signor Dudron cominciava soltanto a respirare quando, dopo aver raggiunto la sua stanza all’ultimo piano, poteva chiudervisi a doppia mandata e, vuotato sul tavolo il contenuto delle sue tasche, poteva lasciarsi cascare nell’unica poltrona, con la fronte bagnata di sudore freddo.
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Quando carico in tal modo rientrava all’albergo, dei brividi gelati gli percorrevano la schiena. Era terrorizzato dagli sguardi indiscreti di tutto il servitorame sguinzagliato nell’entrata e sopratutto temeva lo sguardo scrutatore del portiere, gallonato come un ammiraglio e severo come il presidente d’una Corte di Cassazione. Il signor Dudron non respirava che quando, raggiunta la sua camera all’ultimo piano, poteva rinchiudervisi a doppio giro di chiave e, dopo aver vuotato sopra un tavolo il contenuto delle sue tasche, lasciarsi cascare nell’unica poltrona, sfinito e con la fronte bagnata d’un sudore diaccio.
Dattiloscritto Evangelisti, 1963 c.:
Quando, carico in quel modo, egli tornava all’albergo, brividi gelati gli passavano nella schiena. Oltre che dai clienti era terrorizzato dagli sguardi [aggiunto: in]discreti dei camerieri che stavano nell’entrata e sopratutto paventava lo sguardo del portiere che simile ad un ammiraglio, [aggiunto: che] tutto coperto di galloni [aggiunto: come un’ammiraglio in alta uniforme] e severo come il presidente di una Corte di Cassazione, troneggiava sul suo seggio. Il signor Dudron non respirava che quando, essendo entrato nella sua camera all’ultimo piano, poteva chiudervisi a doppio giro di chiave e dopo aver vuotato sul tavolo il contenuto delle sue tasche poteva finalmente affondarsi nell’unica poltrona, con la fronte bagnata di un sudore ghiaccio.
L’hôtel: Les terreurs
Mais tout cela maintenant était loin. Les terreurs avaient disparu avec l’angoisse et la honte. Presque tous les locataires de l’immeuble étaient des personnes qui n’avaient pas de domestiques et qui, par conséquent, allaient elles-mêmes faire leur marché. Tous ces gens rentraient chargés de provisions. Quelques locataires, surtout des intellectuels chenus et portant des lunettes américaines, étaient plus discrets que les autres et mettaient leurs provisions dans des bourses de cuir et même dans de petites valises.
Monsieur Dudron savait que, désormais, il n’avait plus aucune raison d’avoir honte et d’être terrorisé et il éprouvait une espèce de joie féroce à rentrer chez lui, les bras chargés de paquets et de petits pains qu’il ne se donnait plus aucune peine de cacher; une fois même il rentra avec un potiron géant. Maintenant son allure était vraiment et sincèrement sûre et tranquille, lorsqu’il passait devant le concierge pour rentrer dans son appartement et, bien qu’il fût chargé de victuailles de toutes sortes, c’est avec le front haut et en regardant droit devant lui qu’il passait, comme, par un bel après-midi de dimanche, dans le centre d’une ville très peuplée, passe, appuyée au bras de son époux, la femme en état de grossesse avancée
L’albergo: I terrori
Ma tutto ciò era ormai lontano. I terrori erano spariti, e con essi l’angoscia e la vergogna. Quasi tutti gli inquilini dello stabile erano persone che non avevano domestici e che, di conseguenza, andavano loro stessi a fare la spesa. Tutta quella gente rientrava carica di provviste. Alcuni inquilini, specialmente certi intellettuali canuti e con occhiali all’americana, erano più discreti degli altri e mettevano le loro provviste in borse di cuoio ed addirittura in piccole valige.
Il Signor Dudron sapeva che, ormai, non vi era più ragione alcuna per sentire vergogna ed essere terrorizzato, e provava una specie di gioia feroce nel rientrare a casa con le braccia cariche di pacchi e di pagnottelle che non si dava più alcuna pena di nascondere; una volta rientrò persino con una zucca gigante sotto il braccio. Il suo atteggiamento era ora veramente e sinceramente sicuro e tranquillo quando passava davanti alla portineria per rientrare nel suo appartamento. Benché fosse carico di provviste di ogni genere, camminava a fronte alta, con lo sguardo diritto, come, in un bel pomeriggio di domenica, nel centro di una città popolata, passa appoggiata al braccio del legittimo consorte una sposa in istato di avanzata gravidanza.
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (“Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Ma ora tutto ciò era lontano. Spariti erano i terrori, con le angoscie e le vergogne. Quasi tutti gl’inquilini di quella casa erano persone che non avevano domestici e che andavano loro stesse a fare la spesa.
Rincasavano cariche di provviste; alcuni tra gl’inquilini, specialmente degli intellettuali canuti e con occhiali cerchiati di tartaruga, erano più discreti e mettevano tali provviste in borse di cuoi e persino in piccole valigie. Il signor Dudron sapeva che ormai non v’era più alcun motivo di vergognarsi e d’essere terrorizzato e provava una specie di gioia feroce a rientrare in casa con le braccia cariche di pacchi e di sfilatini che non si dava più nessuna pena di nascondere; un giorno rincasò portando persino una zucca gigante. Questa volta il suo passo era veramente e sinceramente deciso quando passava davanti alla portineria e saliva nel suo appartamento, e benchè fosse carico di bottiglie d’olio e di vino, di sfilatini e di pacchi di ogni calibro, è con la fronte alta e guardando dritto, tranquillo e sicuro di sè, che passava, come passa, tra la folla domenicale, per le vie d’una città popolosa, una donna in istato di avanzata gravidanza, poggiata al braccio di suo marito.
Di data incerta, ma precedente alla stesura del Dattiloscritto Evangelisti del 1963 c. è il breve passo autografo, Dal romanzo in preparazione: “Le avventure del Signor Dudron”, pubblicato in un articolo di Franco Simongini, Giorgio de Chirico inedito. Romantico gentile stravagante per necessità, in “La Fiera Letteraria”, 25 marzo 1974:
Ma tutto ciò era ormai lontano. I terrori erano spariti con l’angoscia e la vergogna. Tutti gli inquilini dello immobile erano persone che non avevano domestici e, pertanto, andavano loro stessi al mercato. Anche esse, così come il signor Dudron, tornavano a casa cariche di provvigioni. Alcuni di quelli inquilini, soprattutto certi intellettuali canuti e con occhiali americani, erano più discreti degli altri e mettevano le loro provvigioni in borse di cuoio e persino in piccole valige.
Il signor Dudron sapeva, ormai, che non vi era più nessun motivo per vergognarsi ed essere terrorizzato e provava una specie di gioia feroce a tornare nel suo appartamento con le braccia cariche di pacchi e di sfilatini di pane che non cercava affatto di nascondere. Un giorno rincasò persino con una zucca gigante. Il suo aspetto ora era veramente e sinceramente sicuro e tranquillo quando passava davanti al portiere per salire al suo appartamento e benché fosse carico di pacchi d’ogni genere, passava con la fronte alta e guardando diritto davanti a sè, così come in un bel pomeriggio di domenica, nelle strade di una popolosa città, passa, poggiata al braccio di suo marito, una donna in stato di avanzata gravidanza.
Dattiloscritto Evangelisti, 1963 c.:
Ma tutto questo ormai era lontano. I terrori erano spariti, con l’angoscia e la vergogna. Tutti gli inquilini dell’immobile ove abitava erano persone che non avevano domestici e che pertanto andavano loro stesse al mercato. Anche esse, così come il signor Dudron, tornavano cariche di provvigioni; alcuni di quegli inquilini, soprattutto certi intellettuali canuti e con occhiali americani [aggiunto: all’americana] erano più discreti degli altri e mettevano le provvigioni in borse di cuoio e perfino in piccole valige.
Il signor Dudron sapeva ormai che non vi era nessun motivo per vergognarsi ed essere terrorizzato e provava una specie di gioia feroce a tornare nel suo appartamento con le braccia cariche di pacchi e di sfilatini che non cercava affatto di nascondere. Una volta rincasò persino con una zucca gigante. Questa volta il suo aspetto era veramente e sinceramente sicuro e tranquillo quando passava davanti al portiere per andare nel suo appartamento e benchè fosse carico di pacchi di ogni genere, passava con la fronte alta e guardando dritto davanti a se, così come in un bel pomeriggio di domenica nelle strade affollate di una popolosa città passa, poggiata la [aggiunto: al] braccio di suo marito, la donna in stato di avanzata gravidanza.
L’hôtel: Le vainqueur c’était lui
Oui, passer le front haut, en regardant droit devant soi, parmi la foule de ses contemporains, voilà ce que voulait Monsieur Dudron. Mais ses contemporains, par hystérie et pour l’agacer, faisaient semblant de ne s’apercevoir de rien et d’ignorer complètement l’énorme distance qu’il y avait entre eux et lui. Ainsi, presque toujours, dans ce genre d’expériences, Monsieur Dudron était battu, mais il n’osait l’avouer et le reconnaître pleinement, même pas vis-à-vis de lui-même, et il s’abandonnait à toutes sortes de théories et de discours intérieurs pour se prouver que, en fin de compte, le vainqueur c’était lui.
L’albergo: Lui, il vincitore
Sì, passare a fronte alta, con lo sguardo diritto, tra la folla dei suoi contemporanei, ecco quel che voleva il Signor Dudron. Ma i suoi contemporanei, per isterismo e per irritarlo, facevano finta di non accorgersi di nulla e di ignorare completamente l’enorme distanza che c’era tra loro e lui. Così, quasi sempre, in questo genere di esperienze, il Signor Dudron, aveva la peggio, ma egli non osava confessarselo e riconoscerlo pienamente, e si abbandonava ad ogni sorta di teorie e discorsi interiori per provare a se stesso che, alla fine dei conti il vincitore era lui.
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (“Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Sì, passare a fronte alta, guardando diritto davanti a sè tra la folla dei contemporanei, è ciò che voleva il signor Dudron. Ma i suoi contemporanei un po’ per isteria, un po’ per fargli dispetto, fingevano di non accorgersi di nulla e d’ignorare completamente l’enorme distanza che c’era tra lui e loro. Così quasi sempre in questo genere di esperienze, il signor Dudron aveva la peggio, ma non ardiva confessarlo ed ammetterlo pienamente, nemmeno di fronte a se stesso e s’abbandonava a ogni specie di teorie e di dissertazioni per dimostrasi che, tutto sommato, alla fine il vincitore era lui.
Dattiloscritto Evangelisti, 1963 c.:
Sì, passare con la fronte alta guardando dritto a fronte a se, tra la folla dei nostri contemporanei. Ecco quello che voleva il signor Dudron. Ma i suoi contemporanei per isterismo e per fargli dispetto fingevano di non accorgersi di nulla e di ignorare completamente la enorme distanza che correva tra essi e lui. Così quasi sempre in questo caso il Signor Dudron era battuto ma non ardiva confessarlo a se stesso e riconoscerlo in modo assoluto e così cercava di illudersi con ogni genere di teorie e di discorsi interni per tentare di provare a se stesso che tutto sommato il vincitore era lui.
La lune
Comme Monsieur Dudron était un homme dont la vie s’écoulait bercée tous les jours par la musique un peu triste des souvenirs, il revit dans sa mémoire la lune d’automne, de cet humide soir d’automne d’il y avait quelques années, monter lentement dans le ciel brumeux, derrière les clochers des églises. Les feuilles des platanes et des châtaigniers tombaient, couleur de cuivre et de rouille; elles tombaient en tournoyant et puis traînaient dans l’humidité sale des sentiers et des allées. Des hommes aux pardessus usés rentraient chez eux sans conviction et des boutiquiers, après une journée d’affaires maigres, baissaient les rideaux en fer de leurs boutiques, avec un bruit de décharge de fusils. Un murmure, quelque chose de confus et d’indéfinissable venait de tous côtés et répétait avec insistance à l’oreille de Monsieur Dudron que tout est vain.
La luna
Poiché il Signor Dudron era uno di quegli uomini la cui vita scorreva cullata ogni giorno dalla musica un poco triste dei ricordi, egli rivide nella sua memoria la luna d’autunno, di un’umida serata d’autunno di qualche anno addietro; allora la luna saliva lentamente nel cielo nebbioso, dietro i campanili delle chiese. Le foglie dei platani e dei castagni cadevano, color cuoio e ruggine; venivan giù come minuscoli [ … ] girando su autogiri e poi si trascinavano nell’umido sudicio dei sentieri e dei viali. Uomini dai pastrani usati tornavano a casa senza convinzione, e negozianti, dopo una giornata di magri affari, abbassavano, con un rumore di scarica di fucileria, le saracinesche delle loro botteghe. Un mormorio, un che di confuso e d’indefinibile, veniva da ogni parte e ripeteva con insistenza all’orecchio del Signor Dudron che tutto è vano.
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), “(Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Dietro i campanili delle chiese la luna d’autunno saliva lentamente nel cielo nebbioso; le foglie dei platani e dei castagni cadevano, color di rame e di ruggine, girando su se stesse, e poi trascinavano nell’umidità sudicia dei sentieri e dei viali; degli uomini dai cappotti usati rincasavano senza convinzione e dei bottegai, dopo una giornata di affari magri, tiravan giù, con un rumore di scarica di fucili, le saracinesche delle loro botteghe. Un mormorio, un che di indefinibile veniva da ogni dove e insistentemente ripeteva all’orecchio del signor Dudron che tutto è vano.
Dattiloscritto Evangelisti, 1963 c. :
Poiché il signor Dudron era un uomo di cui la vita scorreva cullata ogni giorno dalla musica un po’ triste dei ricordi, egli rivide nella sua memoria la luna d’autunno di un’umida sera di novembre, vide la [….].
Qui termina la pagina 18 del Dattiloscritto Evangelisti, che riprende dalla pagina 23. Tra le carte a noi note e in possesso di Maria Evangelisti mancano le pagine 19, 20, 21 e 22.
Souvenirs d’enfance: Les promenades avec son père et son frère
« Pourtant, pensait-il en grattant le fourreau de sa pipe, pourtant je n’oublierai jamais ce site sauvage où, pendant notre enfance, mon père conduisait mon frère et moi. C’était une espèce de petit promontoire sur lequel s’appuyait une des arches du vieux pont jeté sur l’estuaire du fleuve, à quelques kilomètres de la ville où nous habitions.
«Ce promontoire formait comme une prairie où fleurissaient tant de blanches marguerites, tant de coquelicots et tant d’autres fleurs sauvages qui jetaient un manteau polychrome sur ce morceau de terre. Des papillons aux teintes variées volaient d’une fleur à l’autre. Sous l’arche la plus rapprochée du promontoire, l’eau, resserrée, écumait et semblait bouillir. Dans la fente d’une des vieilles pierres noircies du pont, avait été jetée par le vent une graine d’aubépine; cette graine avait trouvé dans la fissure de la pierre un peu de terre, qui s’y était amassée peut-être depuis plus d’un siècle; des mousses de différentes grandeurs avaient poussé successivement, en se nourrissant de l’humidité de la pierre nue et chacune d’elles était devenue en mourant, après avoir vécu sa vie de mousse, un peu de terre suffisante pour une mousse plus grande. Puis, enfin, parmi ces innombrables semences que, selon ses caprices, porte à travers l’espace le vent dément, se trouva une semence d’aubépine; elle était peut-être tombée du bec d’un oiseau qui avait fait son nid dans quelque cavité du pont et qui portait à ses petits affamés quelques-unes de ces boulettes rouges qui renferment les semences des roses et qui étaient restées sur l’arbre jusqu’au printemps. Cette semence était devenue une plante robuste et touffue; ses racines en rampant étaient allées chercher tout autour les fissures où se trouvait un peu de terre. Elle pendait du haut de l’arche en longues guirlandes que même le souffle le plus léger mouvait sans cesse et que baignait l’écume de l’eau. À la fin de mai et pendant une partie de juin, ces guirlandes se couvraient de petites fleurs d’un rose pâle, dont les pétales, au fur et à mesure qu’ils vivaient leur vie de pétales de roses, se détachaient et partaient en voguant sur les eaux écumantes du fleuve.»
Ricordi d’infanzia: Le passeggiate col padre e il fratello
«Eppure, – pensava egli, mentre raschiava il fornello della sua pipa, – eppure non dimenticherò mai quel sito selvaggio ove, ai tempi della nostra infanzia, mio padre conduceva a passeggio mio fratello e me.
Era una specie di piccolo promontorio sul quale poggiava uno degli archi del vecchio ponte gettato sull’estuario del fiume, a pochi chilometri di distanza dalla città dove abitavamo.
Quel promontorio formava un prato dove fiorivano tante bianche margherite, tanti papaveri e tanti altri fiori selvatici che gettavano un mantello policromo sopra quel pezzo di terra. Farfalle dalle tinte svariate volavano da un fiore all’altro. Sotto l’arco più vicino del promontorio, l’acqua, rinserrata, schiumava e sembrava come se bollisse. Nella fessura di una delle vecchie pietre annerite del ponte, il vento aveva gettato un seme di biancospino; quel seme aveva trovato nella fessura della pietra un poco di terra che vi si era ammassata forse da più di un secolo; muschi di diversa grandezza, nutrendosi dell’umidità della pietra nuda, erano spuntati in seguito, ed ogni piantina, morendo, dopo aver vissuto la sua vita di muschio, era diventata un poco di terra sufficiente per un muschio più grande. Poi, alla fine, tra quegli innumerevoli semi che, secondo i suoi capricci, il vento pazzo porta attraverso lo spazio, si trovò un seme di biancospino; era forse anche caduto dal becco di un uccello che aveva fatto il suo nido in qualche buco del ponte e che portava ai suoi piccoli affamati qualcuna di quelle palline rosse che contengono i semi del biancospino e che erano rimaste sull’albero fino alla primavera. Quel seme era diventato una pianta robusta e folta; le sue radici, arrampicandosi, erano andate alla ricerca, tutt’intorno, delle fessure dove si trovava un po’ di terra. Il biancospino pendeva dall’alto dell’arco in lunghe ghirlande che perfino un soffio leggerissimo muoveva senza posa e che gli spruzzi dell’acqua bagnavano. Alla fine di maggio e per un certo periodo di giugno, queste ghirlande si coprivano di piccoli fiori di un rosa pallido che, mano a mano che vivevano la loro vita di petali, si staccavano, cascavano nel fiume e, trasportati sulle acque schiumose, s’allontanavano e scomparivano».
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