MONSIEUR DUDRON
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Souvenirs de paysages
Ce long soliloque avait un peu fatigué Monsieur Dudron. Néanmoins il était content, d’un contentement voilé de mélancolie. Ce souvenir de sa lointaine enfance, il avait l’habitude de l’évoquer dans les moments tristes. Il avait l’impression que ce souvenir éclaircissait pour lui maint mystère. Sa riche nature d’artiste et d’homme passionné, ardent et religieux, s’y complaisait de façon particulière. Et avec ce souvenir d’autres souvenirs revenaient dans sa mémoire. Souvenirs de paysages; oui, mais où les avait-il vus ces paysages ? …À quel moment de sa vie aventureuse, laborieuse et compliquée ? … Il lui était impossible de se le rappeler avec précision, mais il s’agissait bien de paysages. Paysages !
Ricordi di paesaggi
Questo lungo soliloquio aveva affaticato un poco il Signor Dudron. Cionondimeno era contento, di una contentezza velata di melanconia. Era sua abitudine rievocare quel ricordo della sua lontana infanzia nei momenti tristi. Egli aveva l’impressione che quel ricordo gli illuminasse molti misteri. La sua natura ricca di artista e di uomo appassionato, ardente e religioso, se ne compiaceva in modo particolare. E con quel ricordo, altri ricordi ritornavano alla sua memoria. Ricordi di paesaggi; sì, ma dove li aveva visti quei paesaggi?… In quale momento della sua vita avventurosa, laboriosa e complicata?… Gli era impossibile ricordarsi con precisione, ma erano pur tuttavia paesaggi. Paesaggi!
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (“Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Questo lungo soliloquio un po’ stancato il signor Dudron. Cionondimeno era contento, di una contentezza velata di malinconia. Egli soleva evocare quel ricordo della sua infanzia nei momenti tristi. Gli sembrava che quel ricordo chiarisse per lui più di un mistero. La sua ricca natura d’artista e d’uomo appassionato, ardente e religioso vi si compiaceva in modo particolare. E con quel ricordo, altri ricordi ancora tornavano nella sua mente. Ricordi di paesaggi, ma visti quando, in quale momento della sua vita avventurosa, operosa e complicata? Non gli era possibile ricordare con precisione, ma si trattava di paesaggi. Paesaggi!
Amour pour les paysages
Monsieur Dudron aimait les paysages, autant les vrais que ceux qui étaient peints. Il aimait les paysages des grands maîtres, surtout ceux de Rubens, où l’air circule parmi les feuilles des arbres et les nuages voguent dans les espaces du ciel. Il avait pourtant en horreur les paysages de l’école moderne, car il les trouvait mal peints, gauches, boueux et plats. Maintenant, comme sur le fond de la scène d’un théâtre, il en voyait passer des paysages; oh, s’il en voyait ! Il voyait même des paysages-types et parfaitement anonymes parce que tirés à dizaines et centaines d’exemplaires sur le cadastre d’une région.
Amore per i paesaggi
Il Signor Dudron amava i paesaggi, tanto quelli veri quanto quelli dipinti. Amava i paesaggi dei grandi maestri, sopratutto quelli di Rubens, dove l’aria circola tra le foglie degli alberi e le nuvole navigano negli spazi del cielo. Aveva pertanto [in] orrore i paesaggi della scuola moderna perché li trovava dipinti male, senza abilità, con un che di fangoso e piatti. Ora vedeva passare, come sullo sfondo della scena di un teatro, dei paesaggi; oh, se ne vedeva! Vedeva perfino dei paesaggi-tipo e perfettamente anonimi poiché fissati a diecine, a centinaia d’esemplari sul catasto di una regione.
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (“Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Il signor Dudron amava i paesaggi, tanto quelli veri quanto quelli dipinti. E come sullo sfondo della scena d’un teatro, ne vedeva passare dei paesaggi; oh, se ne vedeva passare! Vedeva persino dei paesaggi-tipo e perfettamente anonimi perchè tirati a diecine e centinaia di copie sul catasto d’una regione.
Tipologie des paysages
Il y en avait qui paraissaient découpés dans la surface plate du pays, qui dormaient dans la douce harmonie des coteaux, entre le gris des maisons rurales, les rectangles bruns des terres labourées, le vert alterné des prairies, le vernis frais de ces étendues de terrain plantées de betteraves qui désormais ont pris pied dans presque tous les climats. Ici et là, des masses plus sombres, que l’automne avait éclaboussées de rouille, se détachaient avec leurs formes inégales au milieu de ce puissant décor de richesses champêtres, que la fatigue quotidienne du paysan avait depuis des siècles mesuré de son pas lourd et résigné. Et puis c’étaient des bois; des bétulinées créaient comme une oasis en miniature dans la terre à froment et servaient de poste aux chasseurs jusqu’à la vraie forêt, là-bas, la forêt sombre et humide, tenue et entretenue à grands frais pour fournir à tout le domaine ses réserves de chair à chevrotines …
Tipologia dei paesaggi
Ce n’erano di quelli che sembravano ritagliati nella superficie piatta del paese, altri che dormivano nella dolce armonia dei poggi, tra il grigio delle case rurali. Altrove si vedevano rettangoli bruni di terra lavorata, il verde alternato dei prati, la vernice fresca di quelle distese di terreno piantato a barbabietole che ormai hanno preso piede quasi sotto ogni clima. Qui e là, cumuli più scuri, che l’autunno aveva screziati di ruggine, si staccavano con le loro forme disuguali in mezzo a quel possente scenario di ricchezza rurale, che la fatica quotidiana del contadino aveva da secoli misurato con passo pesante e rassegnato. E poi vi erano boschi; gruppi di betulle creavano una specie di oasi in miniatura in mezzo ai campi di grano e servivano per gli appostamenti ai cacciatori, prima della vera foresta laggiù, della foresta cupa ed umida, tenuta e mantenuta senza badare a spese per fornire a tutto il possedimento le riserve di carne da doppietta …
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (“Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Ce n’erano di quelli che sembravano ritagliati nella superficie piatta del paese, che dormivano nell’armonia dei colli, tra il grigio delle case coloniche, i rettangoli bruni delle terre arate, il verde alternato delle praterie, la vernice fresca di quelle distese di terreno piantate di barbabietole che hanno a poco a poco attecchito in ormai quasi tutti i climi. Qui e là delle masse più scure, che l’autunno aveva già chiazzate di ruggine, si staccavano con le loro forme disuguali in mezzo a quel potente scenario della ricchezza rurale che la fatica quotidiana del contadino aveva da secoli e secoli misurato con il suo passo pesante e rassegnato. E poi c’eran dei boschi; delle betulle creavano una oasi in miniatura nella terra a frumento e servivano di posta ai cacciatori fino alla vera foresta, laggiù, alla foresta umida ed oscura tenuta e mantenuta per fornire a tutto il possedimento le sue riserve di carne da pallini.
Imaginations des paysages
Monsieur Dudron aimait les paysages et il regardait la nature. Parfois il ramassait des pierres, des cailloux et les observait longuement en les tournant de tous les côtés. Puis, il les posait sur une table et prenant un crayon et du papier il les copiait patiemment en réglant la lumière. Alors, dessinés sur le papier, ces pierres et ces cailloux prenaient l’aspect de sites déserts et sauvages, de monts rocheux ou de falaises surplombant une mer imaginaire. Il faisait ces dessins surtout le soir; il mettait les pierres et les cailloux perpendiculairement sous la lumière de la lampe pour obtenir des contrastes, des effets d’éclairage et alors, en dessinant il s’imaginait se trouver en plein midi, au temps des mythes grecs, dans un site sauvage et rocheux; il s’imaginait les rayons du soleil arrivé au sommet de sa course, tombant à plomb sur la terre. Il évoquait les moments sublimes, tout résonants de douce éternité, quand les notes profondes de la flûte de Pan, caché dans les roseaux, s’égrenaient solennelles et consolantes dans l’air tiède et immobile.
Immaginazione di paesaggi
Il Signor Dudron amava i paesaggi e guardava la natura. Di tanto in tanto raccattava pietre, ciottoli e li osservava a lungo, voltandoli per tutti i versi. Poi li poneva su un tavolo e prendendo lapis e carta, li copiava pazientemente regolando la luce. Allora, disegnate sulla carta quelle pietre e quei ciottoli prendevano l’aspetto di siti deserti e selvaggi, di monti rocciosi e di scogliere a strapiombo su un mare immaginario. Faceva quei disegni sopratutto la sera; metteva le pietre ed i ciottoli perpendicolarmente sotto la luce del lume per ottenere dei contrasti, degli effetti di luce, ed allora, disegnando, egli si immaginava di trovarsi in pieno mezzogiorno, ai tempi dei miti ellenici, in un luogo roccioso e selvaggio; si immaginava i raggi del sole arrivato al sommo del suo cammino, cadenti, che scendevano a piombo sulla terra. Egli rievocava i momenti sublimi, tutti risuonanti di dolce eternità, quando le note profonde del flauto di Pan, nascosto nei canneti, si diffondevano solenni e consolanti nell’aria tiepida ed immobile.
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (“Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Il signor Dudron amava i paesaggi; guardava la natura. A volte raccattava delle pietre, dei sassi e li osservava lungamente voltandoli da ogni parte. Poi li posava sopra un tavolo e preso un lapis e della carta li copiava pazientemente, regolando la luce.
Faceva questo specialmente la sera; metteva i sassi perpendicolarmente sotto la lampada per riprodurre sulla carta gli effetti delle ombre e delle luci e allora evocava le aride e rocciose montagne dei paesi meridionali a meriggio, quando i raggi del sole giunto in mezzo al cammino della sua parabola, cadono a piombo sulla terra.
La famille des centaures
Monsieur Dudron évoquait ces montagnes à l’heure méridienne des temps heureux; il voyait leurs grottes habitées par des familles de centaures. Il voyait la centauresse couchée au soleil à l’entrée de la caverne et allaitant ses petits. Pour que leur nature d’hommes-chevaux fût répartie d’une façon égale et régulière, elle offrait tour à tour ses seins de mère et ses mamelles de jument. Des centaures-poulains gambadaient joyeusement autour, courant l’un à la poursuite de l’autre, et poussant des cris joyeux où le hennissement du cheval se mêlait à l’appel claironnant de l’adolescent, ivre d’espace et de liberté. En attendant, le centaure, chef de la famille, partait à la chasse avec son arc et son carquois bondé de flèches. À l’affût derrière un rocher, ou un buisson, il attendait patiemment le passage de quelque gros volatile ou de quelque sanglier. Parfois il ramassait aussi des glands, des mûres et des herbes. Le soir, ayant regagné sa grotte, il faisait rôtir le gibier qu’il embrochait avec une longue branche finissant en pointe. Il écrasait les glands et les broyait entre deux pierres plates.
Lorsque le ciel s’obscurcissait et que les hiboux, avec leurs cris lugubres, réveillaient les échos des monts et lorsque les chauves-souris commençaient à monter et à descendre dans le crépuscule avec leur vol d’oiseaux ivres, tels les balanciers frétillants d’une énorme pendule, alors toute la famille du centaure se retirait au fond de la grotte après en avoir obstrué l’entrée au moyen d’un grand morceau de rocher pour le déplacement duquel le centaure, la centauresse et leurs petits unissaient leurs efforts.
La famiglia di centauri
Il Signor Dudron evocava nella sua mente quelle montagne all’ora del meriggio, nei tempi felici; egli vedeva le loro grotte abitate da famiglie di centauri. Vedeva la centauressa coricata al sole, all’ingresso della caverna in procinto di allattare i suoi piccoli. Perché la loro natura di uomini-cavalli venisse ripartita in maniera uguale e regolare, ella porgeva alternativamente ora i suoi seni di madre ed ora le sue mammelle di giumenta. Centauri-puledri sgambettavano gioiosamente attorno, rincorrendosi a vicenda e dando in grida gioiose nelle quali il nitrito del giovane cavallo si confondeva con il richiamo squillante dell’adolescente, ebbro di spazio e di libertà. Intanto il centauro, capo famiglia, partiva per la caccia con il suo arco e la sua faretra colma di frecce. In agguato dietro una roccia o un cespuglio, attendeva pazientemente il passaggio di qualche grosso volatile o di qualche cinghiale. A volte raccoglieva anche ghiande, more ed erbe. La sera, dopo essere rientrato nella sua grotta, faceva arrostire la cacciagione che infilzava con un lungo ramo appuntito. Egli pestava le ghiande e le macinava tra due pietre piatte.
Quando il cielo si oscurava ed i gufi, con le loro grida lugubri, destavano gli echi dei monti, e i pipistrelli cominciavano a salire ed a scendere nel crepuscolo con il loro volo da uccelli ubriachi e simili ai bilancieri d’un enorme pendolo, allora tutta la famiglia del centauro si ritirava nel fondo della grotta dopo averne ostruito l’entrata con un grande masso di roccia, per smuovere il quale il centauro, la centauressa ed i piccoli, univano i loro sforzi.
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (“Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Evocava quei monti nell’ora meridiana dei tempi felici, quando le loro grotte, le loro caverne erano abitate da famiglie di centauri. La centauressa alla entrata della caverna, coricata al sole allattava i suoi piccoli. Affinché la loro natura di uomini-cavalli fosse regolarmente spartita offriva loro ora i suoi seni di donna, ora le sue mammelle di giumenta; dei centauri-puledri sgambettavano allegramente intorno; rincorrendosi e cacciando gridi gioiosi ove il nitrito del cavallo si confondeva col richiamo squillante dell’adolescente ebbro di spazio e di libertà. Intanto il centauro, capo della famiglia, andava a caccia col suo arco e la sua faretra colma di frecce. In agguato dietro una roccia o un cespuglio, aspettava pazientemente il passaggio di qualche grosso volatile e di qualche cinghiale.
Raccoglieva pure delle ghiande, delle more e delle erbe. La sera, tornato alla sua grotta, faceva arrostire la selvaggina infilata in un spiedo di legno; macinava le ghiande tra due sassi e quando il cielo si oscurava e le nottole e gli allocchi risvegliavano l’eco dei monti con i loro lugubri stridi, quando i pipistrelli cominciavano a muoversi nell’aere bruno come i bilancieri d’un enorme pendolo, allora tutta la famiglia del centauro si ritirava in fondo alla grotta dopo averne chiuso l’entrata con un grosso pezzo di roccia a muovere il quale univano i loro sforzi il centauro, la centauressa ed i loro piccoli.
Les choses les plus invraisemblables
Parfois Monsieur Dudron mettait la pierre contre la lumière. Alors apparaissait une montagne derrière laquelle le soleil s’était couché. Le profil irrégulier du sommet se détachait nettement contre le ciel encore éclairé par l’astre mourant. Tous ces dessins étaient très suggestifs et évocateurs et Monsieur Dudron aimait les montrer parfois à ses amis qui poussaient des cris d’admiration tandis qu’au fond ils n’éprouvaient aucun plaisir à les regarder parce qu’ils n’y comprenaient absolument rien.
« Nous avons tout autour de nous et près de nous, avait l’habitude de dire Monsieur Dudron, tout, même les choses les plus invraisemblables. Les monstres les plus fabuleux sont ici, à deux pas. Regardez, par exemple, ce lézard qui glisse sur le mur de votre jardin et s’arrête là où le mur est plus chaud parce que depuis plus longtemps exposé aux rayons torrides du soleil d’été. Ce lézard est le dragon des mythes, des religions et des légendes. C’est le dragon atterré par saint Georges, vainqueur de l’Esprit du Mal, c’est le dragon transpercé par le glaive de Persée, qui délivra la belle Andromède, c’est le dragon décapité par Roger pour sauver Angélique. Voilà les mystères, mes chers amis, les mystères pareils à ces bruits que font parfois les meubles dans le grand silence de la nuit avancée ! »
Le cose più inverosimili
A volte il Signor Dudron metteva il sasso contro la luce. Allora appariva una montagna dietro la quale il sole era tramontato. Il profilo irregolare della sommità si stagliava nettamente contro il cielo ancora schiarito dall’astro morente. Tutti questi disegni erano assai suggestivi ed evocatori, ed il Signor Dudron amava farli vedere ogni tanto ai suoi amici che emettevano grida di ammirazione anche se, in fondo, non provavano alcun piacere a guardarli e non ne capivano assolutamente niente. «Abbiamo tutto intorno a noi e vicino a noi, – soleva dire il Signor Dudron, – tutto, perfino le cose più inverosimili. I mostri più favolosi sono qui a due passi. Guardate, per esempio quella lucertola che scivola lungo il muro del vostro giardino e si arresta là, dove il muro è più caldo perché da più tempo esposto ai raggi torridi del sole estivo; quella lucertola è il drago dei miti, delle religioni e delle leggende. E’ il drago abbattuto da San Giorgio, dominatore dello Spirito del Male, è il drago trafitto dalla spada di Perseo, che liberò la bella Andromeda, è il drago decapitato da Ruggero per salvare Angelica [1]. Ecco i misteri, miei cari amici, misteri simili ai rumori che i mobili fanno alle volte nel grande silenzio della notte avanzata!».
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (“Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
A volte il signor Dudron metteva il sasso contro la luce. Allora appariva una montagna dietro la quale il sole era tramontato. Il profilo irregolare della sua vetta si distaccava nettamente contro il cielo ancora rischiarato dall’astro morente. Tutti questi disegni erano molto suggestivi ed evocatori ed il signor Dudron amava mostrarli qualche volta ai suoi amici che cacciavano grida di meraviglia mentre in fondo non provavano alcun piacere guardandoli poichè non ci capivano proprio nulla. «Noi abbiamo tutto intorno e vicino a noi, – soleva dire il signor Dudron – le cose più inverosimili. I mostri più favolosi stanno qui, a due passi; guardate per esempio quella lucertola che guizza sopra il muro del vostro giardino e si ferma là ove il muro è più caldo perché da più tempo esposto ai torridi raggi del sole estivo; quella lucertola è il drago dei miti, delle religioni e delle leggende. E’ il drago atterrato da S. Giorgio, vincitore dello spirito del male, è il drago trafitto dalla lancia di Perseo per salvare Andromeda, decapitato dal brando di Ruggero per salvare Angelica. Ecco i misteri, miei cari amici, i misteri simili a quei rumori che fanno i mobili, come se ne odono a volte nel silenzio totale della notte.
Nota 1
Questo passo va indubbiamente messo in relazione con il quadro Perseo e Andromeda, dipinto nel 1941 ed esposto nella Biennale di Venezia del ’42. L’opera (conosciuta anche con il titolo altenativo Angelica liberata da Ruggero) ha come modello per la figura femminile la compagna dell’artista Isabella Pakszwer e potrebbe essere interpretato come metafora di un’azione protettrice e salvifica dell’artista nei confronti della compagna che, essendo ebrea, faceva parte di un gruppo etnico-culturale perseguitato dal regime fascista (che andrebbe, in questo caso, identificato con lo “spirito del male”)[1]. Non sembra tuttavia, visti anche gli ottimi rapporti di cui de Chirico godeva all’interno del regime fino alla fine del 1942, che né per lui né per la Pakszwer vi fossero in quel periodo reali problemi. Pericoli concreti si profilarono invece dopo la caduta del Fascismo nel 1943 e durante l’occupazione tedesca.
[1] Lo Spirito del Male è il titolo del capitolo delle Memorie del 1945 dedicato a quest’epoca. Cfr. Giorgio de Chirico, Memorie della mia vita. Astrolabio, Roma 1945, pp.230-236.
Les enfants: Les jouets
En attendant, Monsieur Dudron cherchait à se distraire, à chasser ce vague ennui, cette indéfinissable mélancolie qui minaient son âme sensible; il cherchait à se distraire soit en philosophant, soit en observant les choses et les hommes autour de lui. Pour ce qui en était de l’observation des hommes, la situation n’était pas aussi intéressante qu’il l’aurait désiré. Dans l’immense pavillon entouré d’énormes fenêtres, pareil à un aquarium, des femmes en cheveux et d’un certain âge passaient et repassaient et il ne réussissait pas à s’expliquer le vrai but de tout ce mouvement. Des hommes étaient assis sur des chaises métalliques et parcouraient les journaux d’un regard fatigué et sceptique, tandis que les pans de leurs pardessus traînaient tristement par terre, dans la poussière de l’endroit. D’autres femmes, assises par-ci et par-là, étaient en train de coudre ou de repriser du linge. Elles parlaient entre elles à voix basse comme si elles avaient été dans une église. Des enfants passaient en poussant des cris aigus ou, en pliant les genoux et en serrant les coudes sur les flancs, ils avançaient à petits pas en traînant les pieds par terre et en disposant la bouche en forme de petit entonnoir sur lequel éclataient des bulles de salive, tandis qu’ils émettaient des bruits imitant ceux des jets de vapeur d’une locomotive qu’on met en marche.
Bambini: I giochi
Intanto il Signor Dudron cercava di distrarsi, per scacciare quella vaga noia, quella indefinibile melanconia che minava la sua anima sensibile; cercava di distrarsi tanto filosofando quanto osservando le cose e gli uomini intorno a sé. Per quanto riguardava l’osservazione degli uomini, la situazione non era così interessante come egli l’avrebbe desiderata. In quell’immenso padiglione, circondato da enormi finestre, simile ad unaquarium, donne d’una certa età e col capo scoperto passavano e ripassavano, ed il Signor Dudron non riusciva a spiegarsi la vera ragione di tutto quel movimento. Su sedie metalliche stavano seduti uomini che scorrevano i giornali con sguardo stanco e scettico mentre i lembi dei loro soprabiti strascicavano tristemente per terra, nella polvere. Altre donne, sedute qua e là, erano intente a cucire o a rammendare biancheria. Esse parlavano tra loro a voce bassa, come se fossero in una chiesa. Bambini passavano, lanciando grida acute, o, piegando le ginocchia e serrando i gomiti ai fianchi, avanzavano a piccoli passi, trascinando i piedi per terra ed atteggiando la bocca a forma di piccolo imbuto dove scoppiavano bolle di saliva, mentre emettevano rumori che imitavano quelli dei getti di vapore di una locomotiva che viene messa in moto.
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (“Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Intanto il signor Dudron cercava di distrarsi da quella vaga noia da quell’indefinibile malinconia che minavano il suo animo sensibile, sia filosofando, sia osservando le cose e gli uomini intorno a sè. Per quanto riguardava l’osservazione degli uomini, la situazione non era tanto interessante quanto l’avrebbe desiderata il signor Dudron. Nell’immenso padiglione circondato da enormi finestre, simile ad un acquario, delle donne senza cappello passavano e ripassavano continuamente ed egli non riusciva a spiegarsi il vero scopo di tanto movimento. Degli uomini seduti sopra sedie metalliche scorrevano i giornali con una espressione scettica e stanca mentre le falde dei loro soprabiti trascinavano tristemente per terra, nella polvere del luogo. Altre donne sedute qua e là erano intente a ricamare o a rammendare della biancheria. Parlavano tra di loro a voce bassa come se si trovassero in una chiesa. Dei bambini passavano cacciando strilli acutissimi oppure piegando i ginocchi e stringendo i gomiti ai fianchi avanzando a piccoli passi, trascinando i piedi per terra e disponendo la bocca in forma di piccolo imbuto sul quale scoppiavano bolle di saliva, e facevano uscire rumori imitanti lo sbuffare d’una locomotiva.
Les enfants: L’horreur
Monsieur Dudron avait horreur des enfants. Il n’avait jamais réussi à comprendre ce qui se passait dans l’âme et l’esprit de ces gens dont le visage rayonne chaque fois qu’ils se trouvent en présence d’un enfant, d’un de ces êtres pleins de haine, au regard sournois, ou bien complètement stupide et abruti, d’un de ces êtres puant l’urine et la salive, qui vous regardent avec des yeux vitreux sous leur crâne mou et rouge comme une écrevisse cuite. Non seulement les enfants lui inspiraient une horreur sacrée mais aussi ils le terrorisaient.
Bambini: L’orrore
Il Signor Dudron aveva orrore dei bambini. Egli non era mai riuscito a comprendere quello che accadeva nell’anima e nello spirito di coloro la cui faccia raggia ogni volta che si trovano in presenza di un bambino, di uno di quegli esseri pieni di livore, dallo sguardo sornione, o completamente stupido ed abbruttito, di uno di quegli esseri che sanno di urina e di saliva, che vi guardano con occhi vitrei sotto il cranio molle e rosso come un gambero cotto. I bambini a lui non solo ispiravano un sacro orrore, ma essi lo terrorizzavano per giunta.
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (“Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Il signor Dudron aveva orrore dei bambini. Non era mai uscito a capire cosa avvenisse nell’animo di quelle persone di cui la faccia s’illumina ogni qualvolta si trovano a cospetto d’un bambino, d’uno di quegli esseri pieni di odio, dall’espressione sorniona o completamente stupida ed abbrutita, fetenti d’orina e di saliva, che vi guardano con lo sguardo vitreo, sotto il cranio calvo molle, e rosso come un gambero cotto. I bambini non solo gl’ispiravano un sacro orrore ma anche lo terrorizzavano.
Les enfants:
«Pourquoi, se demandait Monsieur Dudron, existe-t-il une telle différence entre le petit de l’homme et le petit des autres animaux ? … Regardez par exemple un lionceau, un petit tigre, un petit éléphant, un petit chien, un petit chat, un poulain et même un poussin; comme ils sont bons, sympathiques, cordiaux, spontanés, joyeux, bienveillants et reconnaissants; on éprouve un vrai plaisir en les caressant et en les touchant. À peine leur montre-t-on un peu d’intérêt qu’ils sont tout de suite contents et sont prêts à jouer avec vous, mais sans malignité, sans méfiance ni hostilité et sans arriver, en jouant, à cette exagération hystérique et méchante à laquelle arrivent les petits de l’homme. Lorsque vous cherchez à être aimable avec un enfant, qu’arrive-t-il ? Il vous regarde avec un œil mauvais et criminel sans répondre à vos avances, ou il se jette sur vous cherchant par tous les moyens à vous déranger, à paralyser vos mouvements et aussi à vous rendre ridicule, surtout si d’autres personnes assistent à la scène.»
Bambini: I buoni
«Perché, – si domandava il Signor Dudron – esiste una tale differenza tra il figlio dell’uomo e il figlio degli altri animali?… Guardate per esempio un leoncino, una piccola tigre, un piccolo elefante, un cucciolo di cane, un gattino, un puledro e perfino un pulcino; come sono buoni, simpatici, cordiali, spontanei, gioiosi, affabili e riconoscenti; si sente un vero piacere accarezzandoli e toccandoli. Non appena si mostra loro un poco di interesse sono subito contenti e pronti a giocare con voi, ma senza malignità, senza diffidenza ed ostilità e senza arrivare, giocando, a quella esagerazione isterica e cattiva cui arrivano i piccoli dell”uomo. Quando cercate di essere gentile con un bambino, che succede? Esso vi guarda con occhio cattivo da criminale senza rispondere ai vostri approcci, o esso si getta su di voi cercando con tutti i mezzi di infastidirvi, di paralizzare i vostri movimenti e perfino di rendervi ridicolo, specialmente se vi sono altre persone presenti alla scena».
Varianti
II Signor Dudron (dal romanzo di prossima pubblicazione), (“Prospettive”, n.5, 15 marzo 1940):
Perchè, soleva egli chiedere a se stesso, esiste una tale differenza tra il piccolo dell’uomo e quello degli altri animali? … Guardate per esempio un leoncello, un tigretto, un piccolo elefante, un cucciolo, un orsacchiotto, un gattino, un puledro e persino un pulcino; come sono buoni, simpatici, cordiali, spontanei, giocondi, benevoli. Si prova del piacere a toccarli, ad accarezzarli. Appena si dimostra loro un po’ di interesse sono contenti e pronti a giocare con voi ma senza malignità, senza ritrosità e diffidenza e senza giungere giocando a quell’esagerazione isterica ed ostile alla quale giungono i piccoli dell’uomo. Quando invece cercate di essere gentile con un bambino allora i casi sono due: o vi guarda con un’espressione dura da criminale senza rispondere alle vostre premure, o vi si butta addosso cercando in tutti i modi di farvi del male, di paralizzarvi i movimenti, ed anche di rendervi ridicolo, specialmente se vi sono altre persone che assistono alla scena.
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